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La Lucania

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Acerenza (PZ)

Acerenza (Lagerénze in dialetto lucano) è un comune italiano di 2.441 abitanti (novembre 2014) della provincia di Potenza in Basilicata. Sorge a 833 m s.l.m. nella parte nord-orientale della provincia. Confina con i comuni di: Oppido Lucano (10 km), Cancellara (12 km), Forenza (14 km), Pietragalla (16 km), Genzano di Lucania (19 km) e Palazzo San Gervasio (24 km). Dista 37 km da Potenza e 74 km dall'altra provincia lucana Matera. Superficie: 77,64 km², Densità: 31,44 ab./km², Cod. postale: 85011, Prefisso: 0971, Cl. sismica: zona 2 (sismicità media), Nome abitanti: acheruntini, Patrono: San Canio, San Laviero, San Mariano: Giorno festivo 25 maggio, 17 novembre, 30 aprile. Assieme ai comuni lucani di Venosa, Castelmezzano, Pietrapertosa e Guardia Perticara, è considerato uno dei borghi più belli d'Italia dall'associazione omonima, che comprende in totale 196 località della penisola. Posta su un altipiano dai fianchi ripidi, tra il fiume Bradano e il suo affluente Fiumarella, è stata sempre molto importante dal punto di vista strategico per la difesa del territorio. Le prime notizie di insediamenti abitati risalgono al VI secolo a.C. e sul luogo dell'attuale abitato nacque l'antica Acheruntia, Αχερουντία in greco, citata dagli scrittori romani Tito Livio e Orazio, e nel Medio Evo da Procopio. Tutti la citano come "Fortezza di guerra" e "presidio". Nel V secolo fu istituita come una delle Diocesi lucane.
Alto medioevo:

Al tempo dell'Imperatore Giustiniano e nella metà del VI secolo, la città di Acerenza è ugualmente forte; infatti, Procopio dice che Totila, avendo preso un certo presidio presso i Lucani… che alcuni abitanti chiamano Acerenza, vi pose un presidio di 300 uomini". E lo stesso Procopio ci dice che il suddetto presidio, comandato dal capitano Morra, passò all'Imperatore Giustiniano. Nel 788 Carlo Magno per liberare Grimoaldo III, suo ostaggio e permettergli di tornare a Benevento, chiede come condizione l'abbattimento delle mura di Acerenza, condizione accettata. Nell'IX secolo la Lucania, è divisa in un certo numero di gastaldati: secondo un trattato tra il duca di Benevento Radelchi e il principe di Salerno Siconolfo, che è generalmente datato 849, attribuisce al principato di Salerno tutta la parte sud ovest dei domini longobardi dell'Italia meridionale, nell'elenco dei gastaldati che lo compongono c'è la è metà del gastaldato di Acerenza, anche se nei fatti Acerenza mantenne la sua indipendenza da Salerno. La cittadina fu oggetto di una lunga contesa tra Longobardi e Bizantini. Gli ufficiali longobardi divennero a volte collaboratori dei funzionari bizantini e addirittura rendevano conto più allo stratego di Bari, rappresentante dell'Imperatore d'Oriente in Italia che al principe di Salerno. Significativa delle interferenze tra longobardi e bizantini nella zona in questo periodo è controversia per alcune terre di proprietà dell'abbazia di Acerenza, date in affitto ad un contadino di Matera, perché l'affitto sia valido occorre il consenso del principe di Salerno, legittimo proprietario delle terre. Un inviato del principe di Salerno rappresenta l'abbazia nel giudizio, ma la sentenza finale è ratificata a Matera da un giudice che è un funzionario bizantino insignito del titolo di scudiero imperiale. Acerenza è citata in un documento bizantino del 1002, sottoscritto dal catapano Gregorios Tarkaneiotes, nel quale si fa menzione di una contesa sorta tra il kastron (città fortificata) di Tricarico e quello di Acerenza, per il possesso di alcune terre a seguito della cacciata, da parte delle forze bizantine, di un manipolo di arabi insediati a Pietrapertosa al comando di un certo Loukas (un cristiano convertito all'Islam) che compiva scorribande nella zona. Interessante è il fatto che in quel documento vengono ristabiliti i confini indicando punti fissi che ancora oggi sono individuabili e che costituiscono l'attuale confine tra il territorio di Tricarico e quelli di S. Chirico Nuovo e Tolve.
Periodo normanno:

Il 4 maggio 1041 il Vescovo di Acerenza, Stefano (1029-1041), che appoggiava il Catapano di Bari, muore combattendo sulle rive dell'Ofanto contro i primi Normanni che avevano conquistato la zona intorno a Melfi. In seguito a questa battaglia, Acerenza viene conquistata dai Normanni, tra le prime località del sud Italia, in particolare da Asclettino I, della Casata Drengot Quarrel (famiglia), cavaliere che emerge tra i primi Capi Normanni che fondano la Contea di Puglia. Asclettino si afferma nel territorio del Vulture, ed è attivo anche nella zona di Vieste (nel promontorio del Gargano). All'assise di Melfi, che termina al principio dell'anno 1043, partecipa lo stesso Asclettino. Va rilevato che egli è l'unico della casata Drengot ad essere insignito di una Signoria nella Contea di Puglia, tra undici diversi altri cavalieri tutti appartenenti alla famiglia Altavilla. In questo Parlamento generale, Guaimario V garantisce a Rainulfo I Drengot il dominio sui territori della Campania. Si distingue, così, da Braccio di Ferro, capo della Contea di Puglia. L'intera regione, ad eccezione di Melfi, viene suddivisa in dodici baronie, costituite a beneficio dei capi Normanni ed assegnate nei territori di Capitanata, Gargano, Apulia e Campania, fino al Vulture. Guglielmo stabilisce che la prima capitale della Contea di Puglia sia Melfi, che rimane al di fuori dalla spartizione: il centro della città è diviso in dodici quartieri, in ognuno dei quali ciascun Conte (compreso, ovviamente lo stesso Asclettino I Drengot) possiede un Palazzo e controlla un settore dell'abitato. I Normanni dividono in dodici Contee le terre conquistate o da conquistare. Il Sovrano attribuisce i feudi secondo il rango ed il merito ed ognuno dei cavalieri si dedicherà alla conquista di quanto concessogli. In particolare è questa la circostanza in cui Asclettino I Drengot (Asclettino minore), che risiede nel castello di Genzano, prende il titolo di Conte di Acerenza. Le vicende della Contea di Puglia e della Casata Altavilla si intrecciano con quelle di Aversa e dei Drengot. Questi ultimi, infatti, all'interno della stessa Contea, sono presenti nelle zone di Vieste (promontorio del Gargano), Acerenza e Genzano (Basilicata) proprio con Asclettino I. Asclettino II Drengot succede a Rainulfo Drengot nel titolo di conte di Aversa e duca di Gaeta nel 1045. Asclettino II è eletto dai normanni di Aversa ed investito della contea da Guaimario IV di Salerno. Ma i nobili di Gaeta eleggono duca il longobardo Atenolfo, Conte di Aquino. Guaimario, signore sia di Gaeta che di Aversa, e di cui Rainulfo è stato vassallo, interviene per conto di Asclettino II, attacca Atenolfo, lo sconfigge e lo prende prigioniero. Ma successivamente lo libera e lo confermato duca di Gaeta. Asclettino II governa solo pochi mesi e muore prematuramente. Arriva, poi, nella penisola Riccardo I Drengot, figlio di Asclettino I (Asclettino maggiore), si pone al servizio di Umfredo d'Altavilla e ne sposa la sorella Fressenda: a Melfi gli è assegnato il titolo di Conte di Acerenza e Signore di Vieste. Nel 1061 Roberto il Guiscardo ne fece una roccaforte rendendola un centro di difesa da rappresaglie bizantine.
Monumenti e luoghi di interesse:

Il centro storico mantiene ancora importanti testimonianze storiche, con edifici del XVII-XVIII secolo. Architetture religiose:

Cattedrale di Santa Maria Assunta e San Canio Vescovo. La cattedrale è un pregevole monumento, tra i più importanti della regione: risalente all'XI secolo, fu consacrata nel 1080 in stile romanico con influenze gotiche. Ha una grande abside e un interno a tre navate con importanti tavole cinquecentesche, una cripta del 1524, sulle cui pareti vi sono degli affreschi di Giovanni Todisco da Abriola. Sia la facciata sia i campanili sono stati ritoccati nel corso dei secoli; la cupola sulla crociera è del XIX secolo. All'interno della sacrestia emerge un busto di Giuliano l'Apostata; un passaggio consente di girare attorno al coro e di ammirare le absidi in pietra squadrata. Di recente sono stati ritrovati, dopo alcuni scavi, le fondamenta di un battistero adiacente la cattedrale.
Chiesa di San Laviero Martire

La chiesa, situata in Via Umberto I, è del 1065 e venne dedicata a S.Laviero martire acheruntino e patrono della città di Acerenza con S. Canio e S. Mariano.Al suo interno si può ammirare un altare in pietra in stile barocco su cui troneggia la tela che raffigura il martirio di S. Laviero, opera di Filippo Donzelli del 1700.La tela è molto venerata dal popolo acheruntino e nella chiesa si conservano similmente le statue di S.Rocco in cartapesta leccese e di S.Giuseppe in legno della Madonna Addolorata in manichino con un vestito nero del 1847.La chiesa viene poi usata ogni anno il 17 novembre in occasione della festa in onore di S.Laviero martire, la quale è preceduta da un solenne triduo di preghiere.
Sala dell'Episcopio:

Il nobile Francesco Antonio Simonello, o de Simonellis ha lasciato al clero di Acerenza la pala d'altare che era situata nella cappella di Santa Caterina d'Alessandria, all'interno della Cattedrale, di proprietà delle famiglie Simonello e Caterini, raffigurante il Matrimonio mistico di Santa Caterina d'Alessandria, dipinta da Hieronimus Jacobotta da Spinazzola nell'anno 1596. Nell'angolo destro in basso sono raffigurati i coniugi Simonello con il loro blasone: D'azzurro, ai due leoni d'oro controrampanti poggianti sul mare e rivolti verso una stella d'oro, con la seguente iscrizione: "D. O. M. Franciscus Antonius De Simonellis. Acheruntinus. Providere Hoc Opus Diva Catharina feliciter Amen". In alto a sinistra è rappresentato San Giuseppe, a destra la Vergine Maria con Gesù bambino, che offre a Santa Caterina d'Alessandria, raffigurata con la ruota, l'anello nuziale, dicendo: "Veni sponsa mea accipe hanc coronam tibi quam ego preparavi in aeternum regni mei." Al centro del dipinto vi è Sant'Anna, con lo sfondo di un paesaggio silvano e collinare. La famiglia Simonello giunse ad Acerenza nel 1414 da Castellaneta di Taranto, infatti questa famiglia nel 1400 era nobile di Taranto e Castellaneta. Nel 1444 Antonio De Simonellis era nobile e governatore regio e possedeva i feudi di Carosino e San Crispieri. Giovanni Antonio De Simonellis fu nel 1496 Capitano di Taranto e devoto degli Aragonesi. La stessa famiglia godette nobiltà ad Aversa in virtù della parentela con il vescovo Manfredi di Aversa. La nipote di Francesco De Simonellis, Maddalena Caterini, sposò il 11/09/1629 Donato dei Conti Gattini come riportato a pagina 25 e 26 della “Memoria genealogica - istorica della famiglia Gattini da Matera, del Cavaliere Avvocato Pietro Antonio Ridola:

«(Belisario Gattini) toglieva in moglie Felicia Sinerchia, de' signori di Rocca San Felice, da cui otteneva Donato, che poi impalmava la nobile Maddalena Caterini di Acerenza, Giulia e Beatrice; maritata quella col cavaliere Biscaglino Francesco Spilla fratello di Giovanni, Arcivescovo di Matera ed Acerenza.. Avendo servito Donato con specchiata fede alla corona di Spagna, che dominava allora le nostre contrade, era destinato alla custodia di parecchi presidii del Regno, promosso dal grado di capitano a quello di Capitan Maggiore. Dalla moglie Maddalena(Caterini) poi otteneva tre figliuoli, che si addicevano tutti allo stato ecclesiastico, ed una femmina a nome Felicia. Di essi Stanislao si faceva Gesuita, Michelangelo diveniva Maestro dei PP. Conventuali, e Domenico Antonio era Arciprete della Cattedrale ed esaminatore sinodale, come da bolla del 9 febbraio 1669.»

Lo stesso autore scrive, che Maddalena in virtù del matrimonio con il Conte Donato Gattini, diviene cognata del Cavaliere Francesco Spilla, il quale sposa Giulia Gattini, sorella di Donato. L'altra sorella, di nome Beatrice, viene riportata in una nota genealogica, come novizia del convento Materano delle Domenicane, detto dell'Annunziata. Francesco Spilla in un luogo del libro viene definito fratello dell'Arcivescovo Giovanni Spilla, e nelle annotazioni dove sono indicate le notizie riguardanti tutte le famiglie nobili imparentate con i Conti Gattini, con l'illustrazione dei relativi blasoni, è presentato come nipote:

«Famiglia della terra di Deno in Biscaglia, ch'ebbe molti personaggi illustri, fra cui non ultimo al certo l'Arcivescovo in parola, stato prima maestro Domenicano e pubblico Lettor di Filosofia e Teologia in Salamanca, e poi Confessore del Conte di Benavente Viceré di Napoli sotto Filippo III di Spagna, presso la cui Corte fu tenuto in altissimo pregio- Ad occasione di questo matrimonio si legge né Battesimali della Cattedrale, fol.21a t° Die 25 mensis Februarii 1618. Die Dominica Qinquagesima mane dum divina peragebatur, Illmus et Rmus Dnus F. Ioannes Spilla, Sacrae Theologia Magister Ordinis Predicatorum, Archiepiscopus Matheranus et Acherontinus, Regiusque Consiliarius, post Missam per Ipsum Illmum celebratam in altare S. Maria de Bruna, in qua benedixit ac desponsavit admodum illustres dominos, Franciscum Spilla ejus nepotem, et Iuliam Gattinam, conjuges novos sponsos, magna existente moltitudine virorum, mulierum et exterorum.»

Delle notizie in appendice, riferite alla famiglia Caterini, apposte nelle annotazioni delle famiglie nobili imparentate con i Conti Gattini, l'autore espone semplicemente quello che segue:

«Nessuna notizia si è potuto avere intorno a questa famiglia (Caterini) la cui arma fu ricavata dal pregevolissimo blasonario inedito del pittore araldista Giuseppe Fosco.(Tav.III, N°38). Solo ne' libri dei decessi della Maggior Chiesa si riscontra: 2 octobris 1652... Eodem die mortua est Magdalena Catherini Acheruntina Uxor Donati Gattini et sequenti die 3 octobris sepulta est in Metropolitana notabili pompa.» Lo stemma qui descritto e raffigurato viene anche menzionato da Giovan Battista di Crollalanza nel suo Dizionario Storico - Blasonico al III volume pagina 205, nel seguente modo: «Caterini di Acerenza (Basilicata) - Arma: D'argento, ad una spada nuda dello stesso, impugnata d'oro, posta in palo, colla punta al basso, fiancheggiata verso l'elsa da due rose di rosso; colla fascia d'azzurro, caricata di tre stelle d'oro ed attraversante sulla spada. Ornata di corona di Nobile.»





Tesori della Lucania Acerenza



Italia viaggio nella bellezza Acerenza, Citta' cattedrale Rai Storia

Collocata sul culmine di un'altura da cui domina vallate sconfinate, celebrata da Orazio nelle sue Odi, Acerenza custodisce ancora oggi la cattedrale romanica che ne ha celebrato il momento di massimo splendore. Eretta durante la dominazione normanna (XII secolo), quando la cittadina, sede arcivescovile, era ancora tanto importante da mandare il proprio rappresentante al concilio di Melfi, la Cattedrale non racconta soltanto la grandezza della civiltà medioevale: sotto l'altare, in epoca rinascimentale, quando Acerenza trova una sua rinascita, viene edificata una splendida cripta per ospitare le reliquie del protettore della città, San Canio. Il vero intento però è esaltare la famiglia committente, i Ferrillo, membri di primo ordine del patriziato napoletano, che non a caso si ispirano alla omologa cripta del Duomo di Napoli, anch'essa esplorata in ogni sua peculiarità nel corso della puntata. Questi due momenti di grandezza, in cui il nostro meridione manifesta espressioni architettoniche e artistiche che nulla hanno da invidiare a più noti modelli europei, sono raccontati dagli storici Francesco Caglioti e Francesco Aceto. Una rapida ricognizione del tempo è offerta dal medievalista Francesco Storti, mentre la pratica del reimpiego dei frammenti dell'antichità nella costruzione e nell'ornamento della cattedrale, sia in epoca medioevale che moderna, è spiegato da Bianca De Divitiis, storica dell'arte.



Acerenza a "Detto Tra Noi" - TV2000